Un tranquillo weekend di paura (1972)

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Di Deliverance (nome originale del film) si è parlato e scritto molto nel corso degli anni. Fece parecchio scalpore l’anno in cui uscì nelle sale, sia per i temi affrontati sia per il modo in cui la storia è narrata. Si tratta di un’opera che ha indubbiamente lasciato il segno nella storia della cinematografia, quindi è naturale che abbia avuto un notevole risalto.
Breve digressione: Ciò che stupisce, semmai, è la recalcitrante nonché sciagurata politica delle tv contemporanee, che raramente inseriscono pellicole come queste nel palinsesto, impedendo così alle nuove generazioni di visionare tutta una serie di film che invece dovrebbero essere conosciuti. Non ricordo, infatti, l’ultima volta in cui “Un tranquillo weekend di paura” è passato su uno dei canali generalisti italiani. Non so neanche se ci sia mai passato, se è per questo. Per poterlo guardare, ho dovuto provvedere da solo. E non è la prima volta, visto che anche con film tipo “Ed Wood” di Tim Burton ho dovuto arrangiarmi io. Fosse stato per Rai o Mediaset, mi beccavo la solita fiction melensa o l’ennesimo show della De Filippi.

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Pillole di cinema / 3

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Dredd (2012): flop al botteghino, ma ingiustamente: si tratta di un film onesto, molto più serio e crudo della versione cartoonesca con Stallone. Intelligente l’utilizzo di alcuni effetti speciali (l’effetto rallenty della droga slo-mo). Il cattivo, come sempre, quand’è in vantaggio parte coi monologhi scemi e dà tempo al buono di riprendersi. Essendo un prodotto decente, non è stato distribuito in Italia: sul web lo trovate solo sottotitolato. Simile come costruzione all’asiatico The Raid, dove un pugno di eroi deve sopravvivere in un ambiente ostile (un palazzo pieno di nemici). Consigliato, ma non agli stomaci deboli.

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Pacific Rim (2013): la sagra del robo-clichè

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Colossali robot di metallo che prendono a cazzotti alieni grandi come palazzi: l’incarnazione dei sogni di ogni bambino anni ’80 cresciuto a pane e Mazinga.

Questo è Pacific Rim, giocattolone fracassone visivamente splendido, anche se ricolmo di personaggi stereotipati fino all’inverosimile e situazioni in cui la ragione umana, shockata, sventola bandiera bianca. Un frenetico, coloratissimo, palese omaggio agli storici robottoni giapponesi, ovviamente, con tutti i clichè del caso. Anzi, i robo-clichè.

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Gravity (2013): nello spazio nessuno può vederti volteggiare in mutande

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Gravity, la storia di una timorosa dottoressa (Sandra Bullock) che si ritrova a volteggiare in mutande nello spazio con l’assistenza di un ciarliero veterano (Giògg Clùnei, l’ex signor Canalis). Detta così pare una pellicola che consiglieresti solo ai disperati che comprano il magazine della D’Urso, e invece… invece ci ha il suo perché.

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50 sfumature di grigio, l’erotismo al microonde, i film-game e i sacrifici aztechi

50-shades-grey-disney-pornEhilà, come va oggi? Siete emozionati? No? Dovreste. Il film di ’50 sfumature di grigio’ sta per arrivare. Uuuh, guardate, sono tutto un brivido. Urrà per il kolossal dell’anno prossimo. Sarà sicuramente il film più visto, più recensito, più criticato del 2015. Sbancherà i botteghini. Ne parleranno tutti. Ovunque. Sempre.

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Eragon (2006) – vera perla della cinematografia comica mondiale

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Ahahah.
Scusate, so che non dovrei, ma proprio non resisto.
Ahahah.
Sono finalmente riuscito a mettere le mani su una copia del pregiatissimo Eragon, vero e proprio patrimonio mondiale della cinematografia comica d’autore.
Aaah, guardate, una vera goduria. Indescrivibile. Non so come ho fatto a perdermelo. Mi ero imposto di non vederlo mai, capite? Mi attendevo una porcheria, anzi quasi me lo *sentivo* che si sarebbe trattato di una porcheria, ma mai mi sarei aspettato QUESTO.
Ahahah.
E’ tutto bellissimo.
Davvero. Non gli manca nulla. E’ assolutamente *perfetto*. Da quando l’ho visto, qualcosa in me è cambiato per sempre. Sono pochissimi i film in grado di suscitare tali sensazioni e tali stravolgimenti nell’animo umano. Eragon è uno di questi.

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Cuore, amore, televisore: quel contaballe di Robin Williams, Elsa di Frozen e l’emotività come unico metro di giudizio

Quello che mi accingo a scrivere è un articolo lungo e complicato. Complicato perché devo cercare di tradurre in parole – in belle parole – una sfuggente sensazione. Un feeling, direbbero gli americani: qualcosa, cioè, che non è facilmente afferrabile né quantificabile. Altre volte, in passato, ho tentato di farlo: quand’ero blogger su Tele Dico Io ho provato ciclicamente a descriverne gli sfumati contorni, ma senza mai riuscire a raffigurarla nella sua (spaventevole) interezza.

Facciamo così: partiamo da un video apparentemente innocuo. Partiamo da Elsa di Frozen (Il Regno di Ghiaccio).

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Indiana Jones e il mistero dell’ospizio maledetto

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Come ho già scritto una volta, l’elemento che più manca al quarto episodio di Indiana Jones (girato nel 2008) sono gli anni ’80. Ogni idea è infatti intrinsecamente figlia del proprio tempo: funziona in quel dato momento perché il sentimento generale si rispecchia in essa.

Riproporla altrove, in periodi diversi ed in contesti differenti per questioni di mero interesse, secondo me dimostra come ad Hollywood e dintorni (il cosiddetto mainstream) si sia drammaticamente incantato il disco su quelle tre-quattro note in croce.

La notizia in breve: spinto dal fatto che Robin Williams vestirà di nuovo i panni di Mrs.Doubtfire, qualche geniaccio s’è messo in testa di proporre un quinto film di Indiana Jones, tra l’altro ancora con protagonista Harrison Ford.

Brrr. Per me ha lo stesso senso che riproporre oggi programmi tv come Studio Uno, Drive In o Fantastico.

Andare a recuperare personaggi di venti o trent’anni fa comporta non soltanto un elevatissimo rischio minestra riscaldata (e in ogni caso il sapore non sarà mai il medesimo, in quanto noi siamo cambiati ed il mondo lo è altrettanto), ma equivale ad un continuo replay di cose già viste e già vissute: dovremmo guardare in avanti, non alle nostre spalle. Creare il futuro, non replicare il passato. Evolverci, non avvolgerci attorno a qualcosa che non c’è più.

(in tutto ciò faccio a meno di citare il senso del ridicolo pirandelliano, altrimenti non ne usciremmo più)

E’ anche una questione di rispetto: da un lato mi immalinconisce vedere gli eroi della mia giovinezza scimmiottare quel che facevano decenni prima, dall’altro mi è difficile immaginare cosa mai potrebbe fare un Indiana Jones (o una Mrs.Doubtfire, o chiunque altro) ultrasettantenne sul grande schermo. Va bene che l’età media sta innalzandosi e i pensionati sono ormai forza maggioritaria nel mondo occidentale, ma io un “Nonno Jones contro i Ragazzini Maledetti Che Vanno in Bici e Rovinano il Prato dei Giardinetti Davanti Casa” non vado a vederlo, eh.