Ricordi Mondiali

Tra pochi giorni iniziano i Mondiali di Calcio 2014 in Brasile. Uno spettacolo globale, certo, che farà sicuramente un gran rumore

(ogni riferimento alle stramaledette Vuvuzelas NON è casuale)

(ve le siete scordate? Rimediamo subito)

(PEEEEEEEEEEEEEEEEE che giuoia infinita PEEEEEEEEEEEEEEEE)

Gag a parte, in che modo farà rumore? Per mera imposizione mediatica, visto che le tv devono venderti un prodotto e ti diranno che la partita che stai guardando è stupenda pure quando fa dormire?

Nah.

Sono dell’idea che un evento diviene tale non quando lo dicono i media e/o i pupazzi prezzolati, bensì quando ti rimane davvero dentro: quando cioè lo rammenti a distanza di anni e sorridi quando qualcuno lo ritira fuori durante qualche discussione. Quindi mi son messo di buzzo buono ed ho cercato di ricordare i momenti salienti dei miei Mondiali, quelli che ho potuto vivere appieno da spettatore consapevole. Nel mio caso, dal 1986 in avanti (nel 1982 ero cucciolo, la memoria latita). Buona lettura.

PIQUE’, LA PIMPA E CARMENCITA (Messico 1986)

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1986: avevo appena sei anni. E’ l’età in cui ti interessan più le gesta de La Pimpa sul Corriere dei Piccoli che i dribbling di Maradona in area di rigore. L’unica cosa di cui sono certo è che sul settimanale tivù che comprava la mia famiglia c’erano disegnati dei coloratissimi personaggetti con le maglie di tutte le squadre, e mi piacevano parecchio. Tutt il resto, dalla Mano de Dios al Gol del Secolo, l’ho apprezzato solo più avanti. Ah, sì, il pittoresco soggetto ritratto nella foto sopra è Piquè, la mustacchiosa mascotte dei Mondiali che pareva il cugino losco di Carmencita.

GLI OCCHI DI SCHILLACI (Italia 1990)

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Sulle note di Notti Magiche, Totò Schillaci diviene – per un’unica, irripetibile estate – l’attaccante più famoso del mondo: ogni pallone toccato da lui finisce in gol. Senza neanche l’aiuto di San Moggi, tu pensa. Tutti imparano a riconoscere l’espressione stralunata e lo sguardo spiritato di Totò. A rivederli oggi, quegli occhi, vien da pensare che “Mondiali così non ne fan più”, con Roger Milla bomber quarantenne e la favola del Camerun, l’ipetricotico Renè Higuita e le sue scampagnate folli fino a centrocampo, Bruno Pizzul a far la telecronaca elegante (non quella esagitata e paracula delle pay-tv), e l’orgoglio nazionale vero, no i fischi all’inno e i Genny ‘a Carogna come adesso. Quelli di Schillaci sono gli occhi di un’Italia profondamente diversa. Un’Italia che ci credeva. E che, diobono, indossava pure una maglia bellissima, non certe ciofeche ultramoderne attilatissime superfashion del 21esimo secolo.

IL NON-CULO DI BAGGIO (USA 1994)

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Alla fine dei Mondiali americani uscì un libro (ironico) intitolato “Il culo di Sacchi”. C’entra col non-culo di Baggio perché senza di lui – senza Baggio, dico – l’ossessione per gli schemi del buon Arrigo si sarebbe arenata mestamente contro la Nigeria ai centordicesimi di finale, altro che finalissima col Brasile. E invece no. L’Italia pareggia all’ultimo minuto una partita pazzesca in inferiorità numerica con un gol del Divin Codino, poi passa eroicamente il turno ai supplementari. Da lì in avanti Baggio fa un po’ quello che vuole, corre e dribbla e tira e segna. Potesse, palleggerebbe in testa agli avversari bevendosi un drink, tanto è forte. Ma nel momento fatale il culo sacchiano, che pare inesauribile, viene meno: Baggio s’infortuna, gioca lo stesso ma gnafà, tira alto il celebre rigore, vince ‘o Brasil, Baresi piange.

QUELLA MALEDETTA TRAVERSA (Francia 1998)

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Prima c’è stato quel tiro di Baggio (sempre lui) ai quarti. Con la Francia. Fuori d’un soffio. “L’ha colpita troppo bene” ripeteva il cronista. “Troppo bene”… ed è andata fuori. Se l’avesse colpita davvero bene, diobono, la palla sarebbe entrata, eccheccazzo. Poi le facce molto champagne dei franzosi che giocavano in casa e mi ricordavano la prof (di francese, ovvio) che ODIAVO. Infine i rigori. Quel pirla di Barthez e Di Biagio. La palla che fa *STUMP* e fila via verso Urano. Di Biagio che s’accascia a terra. NOOO. Io imbestialito perché nel frattempo vicino casa mia c’era un temporale assassino e la luce era andata via per alcuni in-ter-mi-na-bi-li minuti. Per fortuna seguivo col commento radiofonico della Gialappas e una radio a pile, sennò avrei scassato qualcosa.

UNIDENTIFIED FOOTBALL OBJECTS (Corea/Giappone 2002)

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Ecco qua. Odioso, eh? E’ l’arbitro Byron Moreno, entrato di prepotenza nell’immaginario collettivo italiano come paradigma di disonestà (e per riuscirci da noi, nel paese dei furbi e dei farabutti, bisogna aver toccato livelli di disonestà davvero astronomici). Ma il Mondiale 2002 non è stato solo Moreno: strani avvenimenti venivano segnalati un po’ ovunque… basti pensare alla squadra coreana, sospinta in modo assai sospetto (ripeto, assai sospetto) fino in semifinale. E anche alla pettinatura ginecologico-spiritosa di Ronaldo. Veri e propri UFO, nel senso di Unidentified Football Objects – Oggetti Calcistici Non Identificati.

SIAMO UNA SQUADRA FORTISSIMI (Germania 2006)

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Incredibile a dirsi, del Mondiale 2006 non m’è rimasto né il gol di Grosso contro la Germaniala capocciata di Zidane a Materazzi. Non troppo, almeno. Colpa della zozzura che ha investito il calcio quell’anno, probabilmente… o forse della gargantuesca boria di Marcello Lippi – uno che, a confronto, Lurch degli Addams è un mostro di simpatia. Dovessi proprio scegliere qualcosa, sarebbe la canzone di Checco Zalone.

PAULPADAMUS E LA VETTA DELL’ORRORE (Sud Africa 2010)

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L’armoniosa eufonia delle Vuvuzelas (PEEEEEEEEEEEEEEE) conquista la vetta suprema dell’orrore. Ma pure l’Italia detentrice della Coppa che prende tranvate sui denti dai semi-professionisti neozelandesi non è da sottovalutare. Per fortuna Larissa Riquelme ci rallegra il cuore – e pure altro, se mi è concesso il commento testosteronico. Vince la Spagna, ma chissenefrega: la vera star è il leggendario polpo Paul, folkloristico Nostradamus tentacolato (Paulpadamus) che conquista il primo posto nel torneo di “Prendo in Giro gli Umani e Loro Manco Se Ne Accorgono” organizzato dai delfini della Guida Galattica per Autostoppisti.

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